RECENSIONE "OGNI PICCOLA COSA INTERROTTA" di Silvia Celani



Sono le nostre imperfezioni a renderci più forti. Sono loro a tracciare la strada delle nostre cose interrotte. 

É questa la forte premessa del romanzo d'esordio di Silvia Celani che ho avuto l'occasione di leggere un paio di settimane fa.
E non vedevo proprio l'ora di parlarvene qui sul blog!


Ogni piccola cosa interrotta.

Silvia Celani


    

Editore: Garzanti
Anno edizione: 2019
In commercio dal: 23 maggio 2019
Pagine: 288 p., Rilegato


Mi chiamo Vittoria e la mia vita è perfetta.
Ho una grande casa e tanti amici. Non mi interessa se mia madre si comporta come se io non esistessi. Se mio padre è morto quando ero piccola. Se non ricordo nulla della mia infanzia. Se, anche circondata da persone e parole, sono in realtà sola. Io indosso ogni giorno la mia maschera, Vittoria la brava figlia, la brava amica, la brava studentessa. Io non dico mai di no a nessuno. Per me va benissimo così. È questo senso di apnea l’unica cosa che mi infastidisce. Quando mi succede, quello che ho intorno diventa come estraneo, sconosciuto. Ma è solo una fase. Niente potrebbe andare storto nel mio mondo così impeccabile. Ero convinta che fosse davvero tutto così perfetto. Fino al giorno in cui ho ritrovato i pezzi di un vecchio carillon di ceramica. Non so cosa sia. Non so da dove provenga. Non so perché mi faccia sentire un po’ spezzata e interrotta, come lui. Ma so che, da quando ho provato a riassemblarlo, sono affiorati ricordi di me bambina. Della voce di mio padre che mi rassicura mentre mi canta una ninnananna. Momenti che avevo sepolto nel cuore perché, come quel vecchio carillon, all’improvviso si erano spezzati per sempre. Eppure ora ho capito che è l’imperfezione a rendere felici. Perché le cose rotte si possono aggiustare e diventare ancora più preziose.






Vi siete mai sentiti come rinchiusi in una botte di ferro?
E con l'espressione botte di ferro non intendo certo dire di "essere al sicuro" quanto piuttosto di sentirvi ingabbiati, oppressi in uno spazio minuscolo, in cui a fatica entra il vostro corpo, figuriamoci le vostre emozioni. Come se poteste esplodere da un momento all'altro e voi continuate, continuate ad urlare, a sperare che qualcuno vi senta. Eppure nessuno riesce a carpire il suono del vostro malessere. Nessun che riesca a liberarvi da quella botte.
É così che si sente Vittoria, la protagonista di OGNI PICCOLA COSA INTERROTTA, il sorprendente esordio di Silvia Celani.

A volte tendiamo a giudicare in fretta le persone e così crediamo, ingenuamente, che coloro che siano benestanti e hanno il potere nelle loro mani hanno una vita perfetta. Ma non è così, perché anche se l'esistenza di Vittoria sembra essere idilliaca, qualcosa si cela nei suoi occhi apatici.

Ed è il giorno che trova i cocci del suo carillon in ceramica che Vittoria ha la conferma del suo malessere.
E questa sarà la costante di tutto il romanzo, un semplice e comune carillon. Una scatolina bombata, color confetto.
Vittoria si strugge, crede di non averlo protetto abbastanza. La colpa non può che essere sua!

La prima figura chiave che l'autrice affronta è quella della madre. Vittoria con quest'ultima non ha alcun rapporto. Lei ne è sicura... è invisibile agli occhi della donna che l'ha messa al mondo!
Una donna forse più devota all'apparire che all'essere.
L'autrice così analizza il nucleo famigliare della ragazza. O forse "nucleo famigliare" non è l'espressione più adatta dal momento che la madre è completamente distaccata da Vittoria e il padre è morto.
Un padre a cui Vittoria è profondamente legata. Bello, bello come il solo dopo mesi di pioggia. Come un arcobaleno che spunta all'improvviso.

La narrazione si alterna con capitoli in cui Vittoria si confronta con la sua psicoterapeuta e allora emergono avvenimenti cruciali del passato.
A mio parere la Celani è stata molto brava a non far sentire al lettore lo stacco tra i "momenti di Vittoria e la psicoterapeuta" e il "resto del romanzo" diciamo pure così. É come se ogni capitolo fosse legato da un invisibile, ma al contempo tangibile filo per cui troviamo indizi sparsi qua e là che tendono a far combaciare tutto.


"Arrivata nella mia stanza, scivolai in un sonno inquieto, turbato dal terrore di smettere di respirare.
O, forse, con la speranza che ciò potesse succedermi."



Altro tema che viene affrontato, quello degli ATTACCHI DI PANICO.
Per chi mi segue da tanto, sopratutto su instagram, sa che ho sofferto di questa patologia.
Non so se sia capitato lo stesso all'autrice, o comunque qualche episodio isolato e non cronico come nel mio caso, ma è riuscita a descrivere egregiamente ogni respiro mancato, ogni battito del cuore che aumentava sempre di più. Ha reso tutto più realistico ed era come se fossi tornata indietro nel tempo.
Non molti romanzi parlano di ATTACCHI DI PANICO e ho apprezzato molto questa scelta, che passa quasi silente e inosservata. Questi attacchi di ansia non vengono esplicitati in maniera ingombrante, ma agiscono silenziosi. Perché è così che succede nella vita reale... arrivano quando meno te l'aspetti, in punta di piedi, rubandoti tacitamente la razionalità e il controllo.

E poi c'è Ion, l'esatto opposto di Vittoria. Una figura maschile, dopo quella del padre, interessante dal punto di vista dell'intreccio.
Diciamola così... Ion è uno del popolo! Ben distante dal mondo della protagonista che a volte appare detestabile nei suoi comportamenti, sicuramente per colpa della sua corazza.
Basta davvero poco perché lei si affezioni al ragazzo tanto da supplicarlo di "portarla via con lui".



"«Spiegati meglio, Vittoria.»
«Lui è l'ombrello che mi ripara dal temporale, la coperta che mi tiene caldo quando fuori è gelido.»
«Cosa temi allora»
«Temo che una volta arrivata in fondo, mi resterà solo l'immagine di ciò che era davvero. E se scoprissi che...»
«Che cosa?»
«Che non sono così importante per lui?»"



Un percorso di introspezione, quello della protagonista che inconsciamente invita il lettore a fare lo stesso.
La Vittoria delle prime pagine ci appare davvero odiosa, scontrosa e sicuramente questo personaggio ha un'evoluzione lungo tutto il romanzo, si trasforma, anche se, secondo me, le tracce della vecchia Vittoria sono visibili persino leggendo l'ultima pagina.
Ed è giusto così, noi siamo il frutto del nostro passato.
Siamo il nostro passato.

 Diamo valore ad ogni piccola cosa! E come sostengo io da sempre, non è la perfezione ciò a cui dobbiamo aspirare.
Pensateci un po'... pensate che palle (si poteva dire una parolaccia?) se ogni azione compiuta da noi debba essere schifosamente perfetta, studiata a tavolino.
Vi faccio uno spoiler, NON SIAMO DEI ROBOT. Sbagliare è umano.
Sbagliare è fighissimo.
Sbagliare è perfetto!


É questo quello che la dottoressa Rosario prova ad insegnare alla sua paziente. Sono le imperfezioni e renderci perfetti e speciali. E proprio per questo le propone un esercizio, riparare i cocci di quel carillon con la colla dorata in mondo da renderli impreziositi, dargli una parvenza di "pregiato". Come se tra quelle venature d'oro scorresse ninfa magica.
Ed è quello che dovremmo provare a fare tutti noi... dare valore alle singole cose, persino valore alle cose rotte.
In fondo basta poco. Basta una semplice colla dorata.




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