RECENSIONE "FLATLANDIA" di Edwin A. Abbott- #ADESSOSCRIVOIO

Buongiorno lettori! Oggi Irene ci parlerà di un libro che ha stimolato la sua curiosità, stiamo parlando di FLATLANDIA!

Titolo: Flatlandia, Racconto fantastico a più dimensioni

Autore: Edwin A. Abbott  (Regno Unito)

Casa Editrice: Gli Adelphi

Prezzo di copertina: 8,00€

Prima edizione: 1884

Genere: Romanzo fantastico - fantascientifico

Voto personale: 9/10



Un romanzo sulla scoperta, che incoraggia alla continua ricerca, al non fermarsi mai, al non accontentarsi. Questo, essenzialmente, l’insegnamento che Edwin Abbott vuole dare in “Flatlandia, Racconto fatastico a più dimensioni”. Un romanzo che vuole trasmettere la ribellione, anche verso quelle credenze prestabilite: l’autore spinge il lettore a non fermarsi alle convenzioni, a ricercare sempre di più, perché niente è davvero impossibile, anche se persino la nostra razionalità ci dice il contrario. La curiosità deve essere alla base della vita umana, deve essere il motore che spinge a dare sempre di più.

Il libro racconta la storia di un quadrato, confinato a vivere con le altre figure piane, in uno spazio dimensionale (chiamato, per l’appunto, Flatlandia, ovvero “paese del piano”). Questa figura, costretta a stare in prigione, trascrive le proprie memorie. La prima parte è strutturata come un vero e proprio trattato sul proprio mondo; in particolare, il quadrato descrive molto bene a noi abitanti della Spacelandia (“paese dello spazio”, quindi, a tre dimensioni) la struttura e la vita del proprio mondo. Illustra minuziosamente anche la struttura della società, che è fortemente gerarchia e intollerante verso tutti quei poligoni irregolari. Lo spunto narrativo di base è, pertanto, la geometria, ma certamente Flatlandia è ben più complessa di semplici poligoni e rette (le donne) che si muovono in uno spazio piano. Il quadrato ci descrive anche i problemi legati a questo loro mondo; per esempio, i vari poligoni non possono vedersi per intero, ma vedranno solamente delle linee, più lunghe o più corte a seconda della lunghezza del lato rivolto verso l’occhio di chi osserva (l’idea è quella di mettere varie figure piane su un tavolo e vederle mettendosi al loro stesso piano, quindi ponendo la visuale all’altezza del tavolo). Nella seconda parte, invece, il nostro quadrato inizierà un viaggio negli altri paesi a diverse dimensioni.

Come già detto, un quadrato è il protagonista. Nella Flatlandia è anche uno dei personaggi più privilegiati. Lo scalino più basso della società è occupato dalle donne, segmenti di retta, definite come totalmente emotive e prive di razionalità, da cui l’uomo si deve difendere, poiché, data la loro forma appuntita, non raramente capita che colpiscano gli altri abitanti, ferendoli o, addirittura, conducendoli alla morte. Un gradino più in alto ci sono i triangoli isosceli, che sono o militari o servi. Successivamente triangoli equilateri, poi i quadrati e i pentagoni. Insomma, l’idea è che più lati (tutti della stessa dimensione) un poligono abbia, più sia importante, fino ad arrivare a figure con talmente tanti lati da essere assimilabili a dei cerchi. Possiamo vedere questa società come una distopia, sul modello di quelle tipiche della seconda metà del 1900, in cui le regole, rigidissime, sono fatte per avvantaggiare quelle figure che sono già più in alto in questa scala sociale. All’apice di questa società non c’è un poligono in particolare, bensì la Natura, di cui si parla come fosse qualcosa di tangibile e che giustifica qualsiasi ingiustizia decisa, invece dall’oligarchia al potere.

Lo scopo del libro è non solo quello di intrattenimento, ma anche quello di istruire le basi della geometria, che appunto fanno da espediente narrativo nel raccontare la storia. Inoltre ha lo scopo più ampio di sviluppare la coscienza del lettore, preparandolo all’eventualità di una quarta dimensione, non percepibile né con l’intuito, né con la ragione. Chi conosce, un minimo, la teoria di Einstein potrebbe vedere in Abbott quasi un profeta; in realtà, già nel 1800 si parlava, seppur era il campo di esercitazione di ben pochi matematici, di una quarta dimensione ideologica. Abbott vuole mettere il lettore nella condizione di accettare una realtà non controllabile dai sensi. Per fare questo descrive un mondo bidimensionale, i cui abitanti non comprendono la terza, istintiva e normale per noi i privilegiati lettori abitanti della Spacelandia.

Lo stile di scrittura di Abbott è estremamente accessibile a tutti. “Flatlandia” non è rivolto solamente agli appassionati di matematica e geometria, ma suscita interesse anche in chi ha sempre visto con astio questa scienza. Non a caso, Abbott era un insegnante, e un erudito di materie umanistiche. Inoltre, è anche una lettura molto breve, che conta appena 150 pagine. 

Come, forse, si è potuto notare, ho apprezzato moltissimo questo romanzo (forse anche perché mi piace particolarmente lo studio della geometria in ambito teorico). Dopo aver letto il libro ho anche visto il film, che, però, non regge minimamente il confronto. Abbott riesce da solo a essere chiaro in tutto quello che spiega, servendosi, anche, di numerosi disegni. Lo consiglio moltissimo.

Vi lascio con una frase della prefazione, che introduce le memorie del triangolo:

“Nonostante tutto si augura che, presa nel suo insieme, la sua fatica possa rivelarsi stimolante quanto divertente per quegli abitanti della Spacelandia di animo modesto e moderato che quando parlano di argomenti della più alta importanza, ma al disopra della comune esperienza, da un lato si rifiutano di dire: «Questo non può essere», e dell’altro: «Dev’essere precisamente così, e ormai di ciò sappiamo tutto».”


Bibliofagia_Irene

Commenti

  1. il muro di testo, associato all'italico, rendono la lettura impossibile.

    RispondiElimina

Posta un commento