RECENSIONE "LE 7 MORTI DI EVELYN HARDCASTLE" di Stuart Turton

Ciao a tutti e ben ritrovati in una nuova recensione.

Io sono Federica e oggi vi presento un libro che ha fatto molto parlare di sé.
Prima di cominciare però ci tengo a ringraziare calorosamente la casa editrice Neri Pozza (che ha pubblicato in Italia tale romanzo), che ha accettato la mia collaborazione. Passate dal loro sito web, hanno in catalogo numerosissimi libri davvero interessanti!
Bando alle ciance e cominciamo però! Oggi parlerò di:



Titolo: Le sette morti di Evelyn Hardcastle
Autore: Stuart Turton
Editore: Neri Pozza
Anno di uscita: 2019.
Genere: narrativa, thriller, mystery.

Trama in poche frasi: Blackheath House è una maestosa residenza di campagna cinta da migliaia di acri di foresta, una tenuta enorme che, nelle sue sale dagli stucchi sbrecciati dal tempo, è pronta ad accogliere gli invitati al ballo in maschera indetto da Lord Peter e Lady Helena Hardcastle. Gli ospiti sono membri dell’alta società, ufficiali, banchieri, medici ai quali è ben nota la tenuta degli Hardcastle. Diciannove anni prima erano tutti presenti al ricevimento in cui un tragico evento – la morte del giovane Thomas Hardcastle – ha segnato la storia della famiglia e della loro residenza, condannando entrambe a un inesorabile declino. Ora sono accorsi attratti dalla singolare circostanza di ritrovarsi di nuovo insieme, dalle sorprese promesse da Lord Peter per la serata, dai costumi bizzarri da indossare, dai fuochi d’artificio.
Alle undici della sera, tuttavia, la morte torna a gettare i suoi dadi a Blackheath House. Nell’attimo in cui esplodono nell’aria i preannunciati fuochi d’artificio, Evelyn, la giovane e bella figlia di Lord Peter e Lady Helena, scivola lentamente nell’acqua del laghetto che orna il giardino antistante la casa. Morta, per un colpo di pistola al ventre.
Un tragico decesso che non pone fine alle crudeli sorprese della festa. L’invito al ballo si rivela un gioco spietato, una trappola inaspettata per i convenuti a Blackheath House e per uno di loro in particolare: Aiden Bishop. Evelyn Hardcastle non morirà, infatti, una volta sola. Finché Aiden non risolverà il mistero della sua morte, la scena della caduta nell’acqua si ripeterà, incessantemente, giorno dopo giorno. E ogni volta si concluderà con il fatidico colpo di pistola.
La sola via per porre fine a questo tragico gioco è identificare l’assassino. Ma, al sorgere di ogni nuovo giorno, Aiden si sveglia nel corpo di un ospite differente. E qualcuno è determinato a impedirgli di fuggire da Blackheath House…


Ho appena concluso la lettura di questo romanzo e ragazzi… è strabiliante, geniale.
(Scusate l’inizio poco professionale della recensione, ma sono totalmente esterrefatta dalla bellezza di questa storia).

Partiamo dal principio: questo non è un libro facile. Questo libro ha la necessità di essere compreso fino all’osso, perché ogni singola frase può essere utile per giungere alla soluzione del mistero.
Non è dunque un romanzo da leggere in una sola notte senza riflettervi sopra, perché almeno dal mio punto di vista, la storia che vede come protagonista indiscussa la dimora degli Hardcastle, Blackheath House, trascina completamente il lettore negli intrighi, nei misteri e negli innumerevoli personaggi che la abitano.

“La follia sarebbe una via di fuga,
e c’è un solo modo per sfuggire a Blackheath.”
Sin dal primo capitolo si viene infatti catapultati in un meccanismo dal quale sembra pressoché impossibile fuggire: come Aiden Bishop, protagonista della vicenda, si viene travolti da indizi e da storie che non faranno altro che accumularsi nel lettore, facendolo pian piano collegare gli innumerevoli fili che lo condurranno alla soluzione finale.
Chi ha ucciso Evelyn Hardcastle?” è la domanda che verrà posta nelle menti di ognuno secondo dopo secondo, pagina dopo pagina, finché, quando si penserà di essere certi di avere ormai in mano la soluzione, ecco che l’autore porrà davanti un plot twist che non si sarebbe nemmeno immaginato.
Personalmente mi sono interessata al libro perché mi intrigavano la trama e i primi commenti letti sul web.
Poi, una volta presa in mano la copia cartacea e visionando la magnifica mappa della dimora degli Hardcastle che risiede nelle prime pagine, mi è parso per un breve istante che si trattasse di una specie di partita di Cluedo in versione romanzata: interessante e affascinante, certo, ma un libro nella media. Mai mi sarei aspettata di trovarmi coinvolta in un copricapo tanto geniale da rendere le dinamiche relative al famoso gioco da tavola di una banalità disarmante. Come nel caso di una partita a Cluedo però, il romanzo porterà chiunque lo legga a segnarvi gli indizi, gli avvenimenti, i personaggi conisciuti e gli orari in cui si svolgono determinati fatti che vengono pian piano racimolati dal protagonista per provare a farvi indovinare l’identità del colpevole del caso Hardcastle.

“Ribalta la scacchiera, cambia questo momento.
Dimostrati unico.”


Il libro si costruisce secondo uno schema ciclico: la giornata narrata è sempre la medesima, ciò che variano sono i personaggi; Aiden Bishop è infatti condannato a vivere giorno dopo giorno (in un corpo sempre differente) sempre le stesse ventiquattro ore in cui, in serata, a causa di un colpo di pistola, avviene la morte di Evelyn Hardcastle. Si tratta dunque di un circolo vizioso che verrà interrotto solo quando Aiden riuscirà a comprendere le reali dinamiche della morte di Evelyn, dunque quando egli riuscirà a risolvere il caso. Nonostante però venga sempre vissuta la medesima giornata, grazie al fatto che il protagonista si risveglia perennemente in un ospite diverso, vi è una visione differente degli eventi della giornata: non sembrerà affatto di star leggendo delle medesime ventiquattro ore, bensì sembrerà che il tempo quasi si dilati e che di colpo si rinchiudi nuovamente su di sé senza lasciare al lettore via di fuga.
Ciò che ho amato notevolmente è stato proprio il modo brillante in cui Turton ha gestito le logistiche dell’opera: le giornate narrate non hanno infatti un inizio e una fine standard. Come scritto poco prima, non vi è mai noia nella lettura di queste ventiquattro ore che si susseguono ancora e ancora. Queste si dilatano nei capitoli, lasciando al lettore di pensare inizialmente di avere troppe domande e lacune irrisolte per poi risolverle nel capitolo successivo. Gli ospiti nei quali si ritrova a vivere Aiden non smettono mai di ritornare da lui in un modo o nell’altro. Le loro storie non cominciano e non si concludono infatti nella durata di un singolo capitolo: al contrario, ognuno di quegli uomini ritorna e le visioni di tutti loro si intersecano sino al raggiungimento del finale. Ogni personaggio è fondamentale, ogni personaggio porta con sé una parte essenziale per giungere alla conclusione del caso.
Nonostante questo possa a prima occhiata apparire confusionario però, l’autore fa in modo che qualsiasi episodio o dettaglio degno di nota ritorni sempre alla memoria del lettore in modo tale da non fargli perdere neanche un singolo indizio per la strada che lo condurrà alla conclusione delle vicende. In tal modo, una volta compreso il complesso meccanismo che risiede dietro l’intera vicenda, il lettore viene travolto dalla curiosità e dalla necessità di risolvere il mistero insieme ad Aiden e non dalla pura e semplice voglia di lettura passiva che lo condurrà alla fine delle cinquecento pagine che compongono l’opera.

“Non abbandonerò Evelyn al suo destino, Daniel.”
“Non volevo farlo nemmeno io,
ma il destino l’ha trovata comunque.
Dovresti rassegnarti a qyesta prospettiva.”


L’autore riesce a dare dei personaggi delle descrizioni e delle caratterizzazioni brillanti, donando ad ognuno di loro un profilo degno di nota (dei quali però non parlerò affatto per evitarvi qualsiasi tipo di spoiler).  

Geniale inoltre l’ideazione, a mio parere, di una Escape Room al romanzo dedicata e alla frase selezionata per la fascetta promozionale: “Preparatevi ad impazzire”.
Questa storia manderà infatti in frantumi qualsiasi vostra certezza, nulla sarà mai davvero come avete creduto all’inizio. Ogni personaggio nasconde dietro sé un segreto, una storia i cui contorni andranno a divenire sempre più chiari solo andando avanti nella lettura.

“E’ Blackheath che mi ha reso ciò che sono.”
“No, siamo stati noi a rendere Blackheath ciò che è. […]
Se questo è l’inferno, ce lo siamo costruito con le nostre mani.”


Concludo affermando che attraverso il romanzo comprenderete inoltre qualcosa di fondamentale, ovvero nessuno è innocente; in un modo o nell’altro tutti al mondo sono carnefici. Tutti sono colpevoli. Spetta ad ognuno di essi (o di noi stessi?) redimersi alla fine dei giochi.



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