
“Trecentocinquanta
valorosi, una guerra mondiale e un patrimonio artistico da salvare dalla
ferocia nazista”.
«Se
non saranno mie non saranno di nessun altro»
È
ciò che confessò Hitler se avesse perso la seconda guerra mondiale.
Ma
riferendosi a cosa?
Questo
libro narra di una verità assoluta, che va ben oltre quanto conosciamo sul
genocidio di massa ebraico. La cattiveria e l’arroganza di un uomo che voleva
non solo impossessarsi delle vite delle persone, bensì anche dei ricordi storici
che si racchiudevano dentro le gallerie dei musei più importanti d’Europa.Sì,
Hitler voleva a tutti i costi i capolavori che l’Italia, la Francia e gli altri
paesi europei possedevano.
L’obiettivo?
Costruire
un museo che potesse ospitarle tutte. Ma qualcosa non andò secondo i suoi
piani.
Difatti,
il 19 marzo 1945, di fronte le forze alleate che si insediarono nella Germania
nazista che Hitler emana tale disposizione che trattava la distruzione di tutte
le opere trafugate che gli alleati stavano riprendendosi per restituirle ai
legittimi collezionisti. Opere di Raffaello, Leonardo, Botticelli e Tiziano,sculture
e dipinti da Michelangelo fino Picasso che rischiavano di non rivedere più gli
sguardi dei loro ammiratori.
Furono
quei valorosi americani, i Monuments Men, gli uomini della Monumenti (MFAA Monuments Fine Arts and Archives – “Monumenti, belle
arti e archivi”),a cui oggi dobbiamo il bel sorriso
della Monna Lisa ela tenerezza della “Madonna col bambino Gesù” di Michelangelo.
Furono uomini coraggiosi che con tenacia e amore per
l’arte misero nel campo di battaglia la propria vita per preservarecentinaia di
opere d’arte trafugate dalle fiamme dal decreto Nerone.
Proprio
così, come Nerone, l’imperatore romano a cui fu attribuito nel 64 d.C. il
devastante incendio che ridusse Roma in cenere.
(anche
se fonti attendibili testimoniano che non era in città quando l’incendio
scoppiò e che al suo arrivo fece di tutto per preservarla dalle fiamme).
Robert
Edsel decise di scrive questo romanzo durante il suo soggiorno a Firenze, e
chiedendosi come fecero a salvarsi tutte quelle meravigliose opere d’arte durante
la seconda guerra mondiale indagò. Scopri che la città aveva affrontato il
terrore dei bombardamenti tedeschi che distrussero quasi tutti i ponti che
attraversano il fiume Arno. Soltanto un ponte non fu abbattuto. Il ponte
vecchio. Quel corridoio sospeso sull’acqua al cui interno tutt’oggi si
custodiscono i dipinti rinascimentali dei più importanti artisti italiani.
Hitler
per quanto crudele fu, sapeva che ordinare la distruzione di quel ponte avrebbe
comportato una perdita artistica che neanche lui sarebbe stato in grado di
sopportare, così lo risparmiò.
Da
qui iniziano una seria di lavori che permisero a Robert Edsel di scrive una
magnifica storia strutturata in un racconto intenso e dinamico. Tanto
coinvolgente che è difficile non affezionarsi ai personaggi che a distanza di
chilometri e senza i giusti mezzi di comunicazione riescono a mettersi in
contatto con i propri familiari tramite lettere che spesso non arrivavano a
destinazione. Ognuno con la propria missione e in balia del proprio destino
senza che qualcuno li difendesse.
Ciò
che rende unico questo libro è sicuramente il carisma che la storia ci narra.
Le foto originali dei dipinti trovati dopo mesi di ricerche nelle cave
tedesche; malgrado qualcuna che all’arrivo degli alleati era già ridotte in
cenere, ciò che restava visibile era il fumo che accecava gli occhi e seccava
le gole e una targhetta tra tanti pezzi di legno carbonizzati che portava il
nome di “Picasso”.
Per
tutti quelli come me che amano l’arte e farebbero di tutto affinché nessuno
potesse cancellarne nemmeno una pagina è un orgoglio sapere
che al mondo ci siano stati uomini e donne che hanno combattuto e mentito per
difendere tesori dal valore inestimabile.
Dopo
aver letto queste poche righe dunque, spero che la curiosità vi porti dove io
sono stato con la mente durante i momenti di lettura, e magari possiate
tramandare quanto imparato sulla gente che è morta per salvare quel sorriso che
il pennello di Leonardo era solito dipingere o il panneggio che lo scalpello di
Michelangelo era solito scalfire.
-Agatino.
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