Buongiorno amici! Oggi Living among the books ospita un nuovo autore, Lorenzo Sartori.
In occasione dell'uscita del suo nuovo romanzo "La sindrome di Proust" abbiamo fatto due chiacchiere in merito all'uscita, dai personaggi alla "digitalizzazione dei ricordi"... e ovviamente alla scaletta che ha seguito per scrivere questo romanzo ambientato nel futuro.
La sindrome
di Proust è in pratica la memoria olfattiva, la capacità dell’olfatto di
riportare alla memoria, e in modo incredibilmente vivido, fatti della nostra
esistenza. È una via di accesso privilegiata rispetto agli altri canali
sensoriali. Il nome deriva ovviamente dall’autore della Recherge e il
riferimento è ai ricordi suscitati dal profumo delle madeleine.
Non ci resta che augurare un grosso in bocca al lupo a Lorenzo!
In occasione dell'uscita del suo nuovo romanzo "La sindrome di Proust" abbiamo fatto due chiacchiere in merito all'uscita, dai personaggi alla "digitalizzazione dei ricordi"... e ovviamente alla scaletta che ha seguito per scrivere questo romanzo ambientato nel futuro.
La trama:
Londra 2067.
La digitalizzazione dei ricordi è ormai realtà, e a migliorare i ricordi Alec Raines
è un vero talento. È così bravo che un giorno gli vengono affidati quelli del
premio Nobel Alice Grossman. Insieme ai ricordi Alec si trova però a maneggiare
segreti che sarebbe meglio ignorare, informazioni pericolose destinate a
cambiare la sua vita per sempre. Inseguito da una misteriosa agenzia di
intelligence, accusato di omicidio, tradito dalle persone di cui si fidava,
dovrà lottare per salvarsi e sventare un complotto internazionale.
L’Autore:
Lorenzo
Sartori, giornalista, vive tra Crema e Milano. È autore di diversi giochi di simulazione,
storici e fantascientifici, alcuni dei quali tradotti in diverse lingue e
apprezzati
in tutto il
mondo. Si occupa di organizzare eventi in particolar modo legati al mondo ludico
e letterario. È direttore artistico della rassegna DeGenere e del festival d’inchiostro
di Crema (www.festivalinchiostro.it)
1. Ciao Lorenzo e benvenuto su Living among the
books. La sindrome di Proust è il tuo ultimo romanzo, com’è nato e perché hai
scelto proprio questo titolo?
Grazie
Chiara. L’idea è nata qualche tempo fa, volevo scrivere un romanzo incentrato
sui ricordi, ma un thriller, dove i ricordi, la cosa più importante che
abbiamo, potessero diventare una minaccia. Del resto il vissuto di una persona
può contenere segreti, informazioni preziose per le quale si potrebbe uccidere.
Siamo nel
2067 e la pratica della digitalizzazione della memoria comincia a essere sempre
più diffusa. Sempre più persone scaricano i propri ricordi perché possano
sopravvivergli o forse nella speranza di raggiungere in qualche modo
l’immortalità, sacrificando il corpo ma non il resto. È un’invenzione recente e
l’umanità non ha ancora colto tutte le implicazioni del caso. Alec Raines, per
lavoro, sistema dal punto di vista sensoriale, i dati neurali, per renderli più
nitidi, reali. È una specie di grafico del futuro. Ed è così bravo nel suo lavoro
che un giorno gli affidano i ricordi di un premio Nobel, evento destinano a
cambiare la sua vita per sempre.

2. Il libro
è un thriller ambientato nel futuro. Vuoi parlarci dell’ambientazione che hai
scelto per la tua storia?
Siamo nel
2067, ma il mondo di Alec non è poi così diverso dal nostro, a parte
l’evoluzione di invenzioni di cui già disponiamo. Si fa ad esempio un grande
uso di grafene, un materiale di cui sentiremo parlare sempre più spesso, la
gente non ha più lo smartphone ma un bioconnettore, il DNA è usato per
immagazzinare dati digitali, la realtà aumentata è ampiamente diffusa. E poi
appunto si è arrivati a digitalizzare i ricordi.
3. Nel
romanzo parli della “digitalizzazione dei ricordi” puoi spiegarci in breve il
concetto e dirci quanta centralità ha nella storia?
Si tratta di
una pratica ancora recente e che sta incontrando ancora molte resistenze, anche
a livello politico. Solo chi se lo può permettere si reca a New York, alla
Memory Foundation, per fare il “download”. I ricordi digitalizzati sono poi una
massa informe di immagini, suoni, sensazioni, odori… una sorta di film senza
montaggio. Il lavoro di Alec è proprio quello di sistemare questi ricordi, o
meglio, alcuni, quelli che il cliente ritiene più importanti, renderli nitidi,
degni di essere eventualmente rivissuti un domani qualora si trovasse il modo
di reimpiantarli. Alec a volte si chiede se quello che fa abbia senso. Guadagna
bene, è bravo, gli piace, ma ha sempre il dubbio che il suo lavoro sia inutile
perché probabilmente quei ricordi resteranno per sempre dentro contenitori
biotecnologici.
4. Il tuo
“personaggio secondario” preferito.
Forse Liz,
una che fa lo stesso lavoro del protagonista e che Alec conoscerà a New York.
Liz è molto diversa da Alec, meno ingenua, più razionale, è forse la parte che
manca ad Alec.
5. Chi è
Alice Grossman?
Alice
Grossman più che un personaggio è una presenza, quasi costantemente nell’ombra.
Ha vinto il Nobel grazie a scoperte che poi hanno condotto alla
digitalizzazione dei ricordi. Ora, a distanza di anni, per uno strano scherzo
del destino si trova a lottare con l’Alzheimer e ha deciso di scaricare i suoi
ricordi, fatto che dà il via all’intrigo su cui è costruito il romanzo.
6. E invece
passiamo ad Alec. Un suo pregio e un suo difetto.
Alec è una
persona determinata, non si arrende alla prima difficoltà. Ci tiene a far bene
il suo lavoro, ma ovviamente non sa in che cosa si è infilato. E qui arriva il
suo peggiore difetto, quello di non sapere tenere la bocca chiusa e la
predisposizione innata a infilarsi nei guai.
7. Durante
la stesura hai riscontrato delle difficoltà inerenti alla scrittura di
determinate scene oppure hai seguito senza troppi problemi la tua
programmazione?
È il romanzo
che ho scritto con maggiore scioltezza. Avevo l’idea di partenza, ovvero un
tizio che ha a che fare con i ricordi altrui e per questo si mette nei guai, ma
la trama è venuta fuori scrivendo. Ovviamente non è sempre così, ma scrivere
questo romanzo è stata una catarsi. Ho dovuto fermarmi per fare le ricerche del
caso, ma anche lì ho trovato subito quello che mi serviva per dare credibilità
alla storia. C’è molta speculative fiction, ma è tutto molto plausibile, prima
o poi arriveremo a questo. Con quali conseguenze è difficile dirlo, il romanzo
è una riflessione su ciò che potrebbe comportare una tale scoperta. Ovviamente
è soprattutto un thriller e un’opera di intrattenimento.
8. Convincici
con una citazione del tuo romanzo perché leggere La sindrome di Proust.
Vi lascio
con uno scambio di battute tra Alec e un certo dottor Gardner e una domanda:
voi quanto paghereste per vivere i ricordi e le emozioni di una rockstar, di un
campione sportivo o di un divo di Hollywood?
«Immagino
che Ben le abbia spiegato cosa facciamo qui, magari senza entrare nel
dettaglio» iniziò Gardner appoggiando entrambi i gomiti alla scrivania. «Vede,
noi qui ci occupiamo di emozioni, un po’ come fanno il cinema o la letteratura
o la musica.»
«Solo che
l’arte vende emozioni attraverso il sogno, non attraverso i ricordi di
qualcuno» sentenziò Alec.
«Su questo
non sarei d’accordo. Un artista che non metta il proprio vissuto nella sua arte
non è un vero artista, e comunque neanche noi lo siamo. Non facciamo arte, ma
semplice intrattenimento.»
Non ci resta che augurare un grosso in bocca al lupo a Lorenzo!
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