BLOG TOUR "IL VOLO DEI CUORI SOSPESI" di Elvia Grazi - Presentazione e intervista


Buongiorno lettori! Oggi concludiamo la settimana con il BLOG TOUR di una prossima ed imminente uscita Garzanti, ovvero IL VOLO DEI CUORI SOSPESI di Elvia Grazi.
Un romanzo toccante e delicato, che sa essere carezza e schiaffo allo stesso tempo.
Una penna formidabile quella di Elsa, che con grande sensibilità riesce a parlare di uno dei periodi più bui della Storia, gli anni dell'orrore nazista.
Nell'atrocità e nella disperazione più totale, una luce di speranza è sempre presente, perché finché c'è vita e c'è amore siamo ancora in tempo per lottare!

Un emozionante blog tour alla scoperta delle nostre protagoniste, scavando poi nelle ragioni più intime di determinate scelte intraprese da quest'ultime, fino ad arrivare ad un approfondimento storico del contesto. Ovviamente, poi, non possono mancare i consigli dedicati a questa lettura e una recensione finale!
Vi ho incuriositi? Ancora non è finita qui! Siete pronti a leggere l'intervista all'autrice per scoprirne di più? Venite con me!

Due gemelle divise da una scelta.
Due vite da riavvolgere.
Un unico amore in grado di unirle ancora.

«C’è qualcosa di grandioso in una merla che costruisce il suo nido: la voglia prepotente di credere nella vita e lasciare che vada dove deve andare. Costi quel che costi. C’è il suono melodioso e magico della speranza.»
TITOLO: Il volo dei cuori sospesi
AUTORE: Elvia Grazi
DATA PUBBLICAZIONE: 06 Settembre 2018
PREZZO: 17.60€
NUMERO PAGINE: 220
SINOSSI:Le gemelle Ariele e Rebecca, di origine ebraica, non potrebbero essere più diverse. La prima, occhi così limpidi che ci si può vedere attraverso, è timida e schiva; la seconda, penetranti occhi verdi, è una ribelle pronta a sfidare tutto e tutti pur di non subire la vita. Ma Ariele possiede un talento che Rebecca non ha: fa sogni premonitori. Una fortuna e una condanna, perché spesso le cose che vede accadono senza che lei possa impedirlo. A nulla, infatti, servono quei sogni quando l’odio nazista si riversa sul paese in cui hanno trovato riparo. Così, la loro madre Giuditta si trova costretta a prendere una decisione cui nessuno dovrebbe essere chiamato: può salvare solo una delle figlie. E sceglie di salvare Ariele, affidandola alle cure di un’amica, e di portare con sé ad Auschwitz Rebecca, convinta che il suo carattere forte potrà salvarla. Una decisione che lascia un segno indelebile nella storia di tutta la famiglia. Negli anni a venire, Rebecca, che sopravvive all’orrore dei campi, chiude il suo cuore al mondo e decide che a nessuno sarà più permesso di calpestarlo. Al contrario, Ariele cerca di non sprecare l’occasione che le è stata offerta. Accoglie l’amore che le viene dato e se ne fa portavoce nella vita di tutti giorni. Senza mai tirarsi indietro. Anche quando Rebecca, con la quale non è più riuscita a ricostruire un rapporto, bussa alla sua porta e le chiede di occuparsi di una figlia, la sua, che non riesce nemmeno ad abbracciare, una bimba cui ha voluto dare un nome che racconta tutta una storia: Catena. Talvolta i ricordi sono come sassi che possono trascinarci a fondo, bloccando in un freddo, sincopato respiro gli ingranaggi del cuore.


About the author: Elvia Grazi ha diretto diversi settimanali e collaborato con 37 testate nazionali, da «IO Donna» del «Corriere della Sera» a «Vanity Fair» e «Donna Moderna». Per oltre trent’anni, ha pubblicato racconti e romanzi a puntate su vari settimanali. Ha debuttato in narrativa con Lasciami contare le stelle (2014). Il volo dei cuori sospesi è il suo nuovo romanzo.





INTERVISTA ELVIA GRAZI


1.   Benvenuta Elvia su Living among the books. Complimenti per la tua nuovissima uscita, siamo tutti curiosi di sapere come è nata questa storia. Qual è stata la tua fonte di ispirazione? 
 Sono troppo felice di essere qui, grazie a voi per avermi ospitato! Per rispondere alla domanda invece devo partire da lontano… Quando avevo sei anni mio padre (come accade alle protagoniste del libro) fu ucciso dalla cattiveria di un uomo. Così andai dai nonni, perché mia mamma doveva lavorare e non poteva prendersi cura di me. Vivevamo in una casa di ringhiera, molto povera, con il bagno sul ballatoio in comune. Mi sentivo una sfigata, bruttina, con un covo di capelli ricci sulla testa, gli occhiali da miope. Non avevo giochi, praticamente, vivevo in biblioteca. E scrivevo, anche sulla carta delle caramelle. Le altre bimbe avevano una madre e un padre, la cartella, giochi e amici, io solo libri in prestito, un quaderno a quadretti e disegni a matita. E allora sognavo, di scrivere nei libri della ricchezza del mondo, di chi, dal mondo, si sente escluso. Cosa è rimasto in me di quella bimba? La voglia di superare la linea di demarcazione della diversità, l’esigenza di raccontare, come dice Rebecca,  che “le più brutte prigioni sono quelle che ci costruiamo con la mente”.


2.   In questo romanzo racconti con una penna estremamente delicata l‘orrore dei campi nazisti. Vuoi parlarci della documentazione che hai intrapreso per approfondire questo aspetto storico del tuo libro?
 A 18 anni andai a visitare il campo di concentramento di Buchenwald, mi colpì a tal punto che decisi che ne avrei parlato. La prima immagine fu quella di centinaia di scarpe di bimbo, ammonticchiate in un angolo. Per notti non riuscii più a prendere sonno. Pensavo a tutti quegli angeli,  che avevano lasciato lì le loro scarpette, perché comunque, in paradiso, non gli sarebbero servite. Negli anni ho studiato di tutto e di più sul nazismo, perché volevo capire. Non ci sono ancora riuscita, ma so che è giusto parlarne, ancora e ancora, per non dimenticare, perché non accada mai più.


3.   Un pregio e un difetto di Rebecca e Ariele.
 Rebecca è una scatenata, intelligentissima, passionale, irresistibile. Sarebbe un’eroina, se non avesse messo in formalina il cuore… L’umiliazione e il dolore le hanno tolto la luce dal cuore e dagli occhi, l’hanno resa insensibile, mentre un eroe, quando cade, si rialza e tende la mano a chi sta ancora a terra. Di Ariele amo l’ingenuità e la bontà, mentre non sopporto la sua tendenza a darsi per vinta, la sua apatia.


4.   Se potessi descrivere la tua storia con solo tre parole quali sceglieresti?

Solo tre? Com’è difficile! Un’impresa titanica! Ci provo: emozioni a pelle


5.   Quali sensazioni hai provato quando hai scritto la parola FINE al tuo romanzo? Qual è il personaggio a cui ti sei affezionata di più?
 Non ci crederai, ma il finale del romanzo ha stupito anche me. È l’esatta quadratura del cerchio, quello che ha dato un senso e definito tutta la storia. Non so da dove mi sia arrivato, io avevo immaginato tutt’altro! Mi ha lasciato nel cuore una sorta di malinconica felicità. Il personaggio che più adoro? Catena, che vive in una casa grigia e triste, ma ne colora ogni millimetro. Ama un pappagallo bruttissimo che avendo perso la compagna si strappa tutte le penne. Si chiama Spenna ed è cattivo come la cicuta, ma ha ragione lui. È nato con le ali e l’hanno messo in gabbia, come si può fare questo a un essere vivente? Per fortuna c’è Catena, che ha sempre per lui una fettina di mela o una ciliegia e che gli apre la gabbia.


6.   “Quando meno ce lo aspettiamo, la speranza rimette in moto il volano delle emozioni e ci proietta in un futuro dove c’è ancora posto per l’amore.” Quanto senti tua questa frase?
 È davvero mia nel profondo. Ricordate? Io sono la bambina sfigata con il covo di capelli ricci. A salvarmi, in fondo, è stata la speranza. Se ti barrichi in casa, puoi sfuggire, forse, ai pericoli della strada, ma ti perdi tutti gli incontri, la meraviglia della natura, la grazia del mondo e delle sue creature, in una parola, la vita.


7.   Ariele ha un talento. Fare sogni premonitori. Cosa ne pensi a riguardo? Possono davvero i sogni – o meglio in senso lato i nostri desideri – salvarci?
 Parliamone, sui sogni premonitori dovrei aprire una grande parentesi perché quello di Ariele, in cui vede che suo padre verrà ucciso, io l’ho realmente fatto a 4 anni e mezzo. Non so se la capacità di vedere in sogno qualcosa che poi accade veramente sia un dono. Però so che si possono prevedere anche le cose belle. Tanti anni fa ho sognato che avrei scritto dei libri… ed eccomi qua! Se è un bene o un male lo decideranno i lettori dopo aver letto il romanzo. Io nel frattempo intreccio le dita e vi dico che non ci sono sogni irrealizzabili. A meno che non siamo noi stessi a tarpar loro le ali!


8.   Qual è la morale di questa storia? Quale messaggio vorresti lasciare ai tuoi lettori?
 Uno soltanto: la vita è un’avventura incredibile. Certo ci sono morsi di paradiso e anche d’inferno, l’importante è non mettere in sospensione il cuore. Non rimanere nel limbo di una esistenza vissuta a metà, col freno a mano tirato. C’è sempre una nuova possibilità per tutti. Ho capito che anche se può far male, l’amore arricchisce, sempre. E se non lo cerchi, è lui che ti viene a stanare, e ti libera.

9.   “I ricordi sono come dei sassi che possono trascinarti a fondo”: per te i ricordi hanno una valenza positiva o negativa?
 Dipende. I ricordi devono essere presenti perché sono il terreno da cui traiamo la linfa per aprirci al mondo, come fanno i fiori. Lì affondano le nostre radici, però è importante vivere nel presente, spalancando le braccia al futuro. La vita è uno specchio, se le sorridi, ti sorride, mentre se ti nascondi si dimentica di te.


10.               Cosa rappresenta per te il mondo della scrittura? 
 Qualcosa che ti insegna a metterti nei panni degli altri, che ti permette di vivere più vite, raccontarne le emozioni. I miei personaggi hanno volti e caratteri presi dalla vita vera, ed è stato un bell’esercizio provare a calarmi nella testa, per esempio, di un aguzzino, di una madre che non riesce ad abbracciare il proprio figlio, di una ragazza che non sa più amare, pur avendo un cuore immenso. Scrivere è scavare nella propria zona d’ombra, e magari fare pulizia di emozioni che davvero possono trascinare a fondo. È ridere, pensare, piangere, disperarsi ed anche rischiare di essere immensamente felici. Scrivere è un po’ come respirare!

Commenti

Posta un commento