Le
pillole d’arte di Martina Casati
Goodmornig
“pilloline”! Per la rubrica di oggi ho scelto un artista su cui c’è proprio
poco da ridere, poveretto. E’ vero che adesso per suoi dipinti i collezionisti
si battono a colpi di fantastiliardi, ma sai che soddisfazione! Morto in
miseria e completamente fuori di testa… Avete già capito di chi parlo,
ovviamente. Certo: è Vincent Van Gogh, il pittore più triste della storia del
mondo. Quello dei Girasoli che
sembrano insettoni itterici agonizzanti (22,5 milioni di sterline), quello dei
viali di alberi che danno l’idea di essere sul punto di ingoiare i poveri
passanti come un gigantesco esofago (L’alléedesalyscamps, 66,3 milioni di dollari) e quello di quei
campi arati che fanno pensare a un mare in tempesta visto da qualcuno che si
sta facendo un brutto viaggio con l’LSD (Laboureurdans
un champ, 81,3 milioni di dollari). Intendiamoci, io adoro Van Gogh. Del
resto il mio rapporto quasi da “sindrome di Stoccolma” con un caporedattore
lunatico e feroce come Pitbull dimostra che io abbia una certa dimestichezza
con i disturbi mentali. E poi credo fermamente che senza Van Gogh l’arte che lo
ha seguito sarebbe stata completamente diversa. Forse nemmeno Jackson Pollock
sarebbe mai riuscito a sbattere per terra la tela e a farle quello che ha
fatto. Però, insomma, ammettiamolo: la sua pittura dà chiari segni di
squilibrio.
Ma
chi era Vincent?
Era
un ragazzo del ’53 (1853) che scopre la pittura tardivamente – ha già 27 anni –
e che comincia a dipingere guardando gli impressionisti ma trasformandoli in
qualcosa di decisamente più violento. “Non seguo alcun sistema di
pennellatura”, dirà infatti. “Picchio sulla tela a colpi irregolari che lascio
tali e quali”. Già, si intuisce. E quella è la sua forza: il tratto distintivo
che lo renderà unico e che ne farà l’oggetto del desiderio di tutti i più
ricchi collezionisti del pianeta. Solo che quella cosa lì gli prende un po’ la
mano. Dalla pennellata “picchiata” passa, quadro dopo quadro, a strisce che
sembrano graffi, ferite, allucinazioni. Perché intanto la sua testa sta andando
in pappa.
Del
resto non èmai stato uno controllatissimo, il nostro Vincent. Rifiutato da una
cugina della quale si è follemente innamorato vede bene di ustionarsi una mano
con una lampada a petrolio. Poi, per consolarsi di quella delusione, trova un
nuovo oggetto d’amore: una prostituta alcolizzata, sfigurata dal vaiolo,
incinta (non di lui) e che come regalino gli attacca la gonorrea.
Vincent,
santa pazienza, proprio non ti vuoi bene!
No, la
verità è che il povero Vincent sta malissimo. A posteriori si è provato a
capire che cosa avesse. Illustri luminari ci hanno provato. Si è parlato di
schizofrenia e disturbo bipolare, di abuso di alcol e di conseguenze della
sifilide (pure!). Sta il fatto che qualche giorno dopo aver dipinto il suo
quadro più straziante – quel mortiferoCampo
di grano con volo di corvi che tutti abbiamo visto – proprio in un campo di
grano Vincent si spara. Ma il suo destino beffardo vuole che non ce la faccia
sul colpo e si trascini fino a casa per una lenta agonia.
Quello
che ci resta da sperare è che oggi, ovunque lui sia, abbia un poco di sollievo
nel vedere quanto il pubblico e i collezionisti amino il suo lavoro. Certo che
se quella malmostosa della cugina gli avesse detto di sì, magari la sua vita
sarebbe stata diversa…
Comunque,
se volete farvi un pianto sui suoi dipinti, ne potete vedere una bellissima
selezione a Vicenza, alla Basilica Palladiana, fino all’8 aprile.
Martina
Casati è la protagonista di Arte, amore e altri guai, di Alessandra Redaelli,
Newton Compton Editori, Roma 2017.
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